
Città ecosostenibili Italia: la guida completa
Secondo l’Agenda 2030 dell’ONU è dalle città che passa lo sviluppo sostenibile perché nelle aree urbane si consuma più del 75% dell’energia mondiale, si concentra l’80% del PIL e si produce il 50% delle emissioni di gas serra. Per cui è nel tessuto urbano che si deve giocare la battaglia campale dei cambiamenti climatici.
Sulla scia delle altre realtà europee, anche l’Italia negli ultimi anni ha approvato ambiziose leggi green su biodiversità, depurazione, rifiuti e gas serra. Sono esattamente 26 anni che Legambiente stila un dettagliato rapporto annuale sull’ecosostenibilità delle città italiane e fornisce una classifica dei capoluoghi più green in base a una serie di indici qualitativi.
Nel 2019 la palma del vincitore è stata assegnata a Trento, mentre Mantova si aggiudica la medaglia d’argento e Bolzano siede sul gradino più basso del podio.
In fondo alla classifica finisce Catania, anche se per onor di cronaca va segnalato che la città etnea sarebbe terzultima in quanto Vibo Valentia e Siracusa non hanno fornito dati completi. Veleggiano nelle parti basse della graduatoria anche grandi centri urbani come Roma, Napoli e Torino.
Criteri di ecosostenibilità comunale
Zoomando sulle singole città si scopre una realtà molto più articolata e sfaccettata di quel che emerge dalla classifica generale che assegna un punteggio da 0 a 100 a ciascuno dei 104 capoluoghi di provincia.
In effetti questa speciale graduatoria tiene conto di 18 parametri qualitativi che afferiscono alle seguenti 6 grandi componenti ambientali, ordinate in ordine di influenza:
- mobilità
- rifiuti
- aria
- acqua
- ambiente urbano
- energia rinnovabile
Ciascuna di queste aree tematiche incide in maniera differente ai fini della classifica e per esempio l’indice relativo alla mobilità è quello più rilevante (si divide in ben 9 sottocategorie e influisce per il 25%), mentre l’energia rinnovabile presenta soltanto un’incidenza del 5%. Per ognuna di queste grandi categorie vengono valutati dei precisi parametri di qualità ambientale, in base ai quali ogni città totalizza un punteggio.
Per esempio, per quel che riguarda i rifiuti si prendono in considerazione la produzione pro capite, la percentuale della raccolta differenziata e la percentuale degli abitanti serviti dalla raccolta porta a porta. In riferimento a quest’ultimo indicatore, città come Monza e Agrigento totalizzano il massimo del punteggio (100%), mentre a Venezia viene assegnato il minimo (0%) e non potrebbe essere altrimenti in quanto nella città lagunare non è praticamente possibile una raccolta domiciliare.
Puntando la lente sulle energie rinnovabili, l’indice valutato è la potenza (espressa in kW) installata su edifici pubblici ogni mille abitanti. Dai dati forniti si evince che Padova e Pesaro primeggiano, mentre Bari figura in fondo alla classifica, anche se i veri fanalini di coda sarebbero città come Brindisi e Vibo Valentia per le quali non sono disponibili informazioni in merito.
I punteggi assegnati per ciascun indicatore identificano il tasso di ecosostenibilità di ogni capoluogo di provincia rispetto a una città ideale. Così, per ogni parametro esiste almeno una città che totalizza il massimo dei punti e cioè 100.
Per ognuno dei 18 indicatori viene individuato un obiettivo di sostenibilità che in alcuni casi è calibrato su target internazionali o dati storici italiani e in altri casi sui migliori valori ottenuti di volta in volta. Per fare un esempio, il parametro che si riferisce alla capacità di depurazione assume come obiettivo di sostenibilità il 100% e come soglia minima la prestazione della città peggiore.
La graduatoria complessiva tiene conto in misura minore anche di un bonus assegnato a città che si sono distinte nel 2019 in politiche innovative rispetto al ciclo dei rifiuti, alla gestione delle acque, alla gestione del trasporto pubblico e al modal share.
Città più green d’Italia: top 5 e altre eccellenze
Se è vero che la città ecosostenibile per eccellenza non esiste, quella per intenderci che ha raggiunto quota 100, è vero anche che sono tanti i capoluoghi che hanno migliorato le performance ambientali rispetto al 2018: Agrigento fa un bel balzo in avanti, ma guadagna posizioni anche Enna che spicca per la ridotta percentuale di biossido d’azoto nell’aria, mentre Ferrara scala la classifica primeggiando nella raccolta differenziata.
Chi però nel 2019 si aggiudica il premio di città più green d’Italia con 81,2 punti su 100 è Trento, che l’anno scorso era fuori dal podio ma nel 2015 e nel 2017 era finita alle spalle del vincitore. Il primato del capoluogo trentino si deve sia alla conferma di dati storicamente positivi come la raccolta differenziata, sia al miglioramento di parametri che fino a pochi anni fa erano considerati punti deboli, primo fra tutti la qualità dell’aria. In particolare nel 2019 Trento ha registrato un leggero miglioramento della concentrazione di polveri sottili e un sensibile aumento della mobilità ciclabile. Fra le note dolenti si segnalano l’aumento dei rifiuti prodotti e l’alto consumo d’acqua.
La seconda piazza della classifica è occupata da Mantova, che nel 2018 era stata incoronata la regina green. A ben guardare la città lombarda ha confermato le eccellenti prestazioni fatte registrare lo scorso anno, tanto è vero che ha migliorato il suo punteggio e in particolare si è distinta nel parametro che identifica la dispersione della rete idrica, nella raccolta differenziata e nella lunghezza degli itinerari ciclabili.
Conferma il terzo posto Bolzano, che in termini assoluti fa meglio rispetto allo scorso anno. Migliorano le concentrazioni di biossido di azoto e calano i giorni di allarme ozono, per cui non sorprende il dato relativo all’aumento del trasporto pubblico. Il capoluogo altoatesino eccelle nel settore dell’istruzione di qualità e nella percentuale di edifici scolastici che impiegano fonti di energia rinnovabile. È inoltre la città italiana che ha speso di più nella manutenzione straordinaria per edifici pubblici e per esempio ha installato pannelli fonoassorbenti a quasi tutte le mense scolastiche.
Scala due posizioni in classifica Pordenone, che eccelle nel contenimento della dispersione idrica e migliora i parametri legati alla qualità dell’aria e all’utilizzo del trasporto pubblico. Alle spalle di Pordenone si piazza Parma, che però perde ben tre posizioni rispetto al 2018 sopratutto per via di una sostanziale crescita della spazzatura pro capite.
Allargando l’inquadratura, si può dire che le eccellenze italiane in fatto di ecosostenibilità sono da ricercare nelle città che hanno un’ottima gestione dei rifiuti e limitano lo spreco di acqua com’è il caso di Mantova e Pordenone, assicurano un buon servizio di trasporto pubblico come a Trento, investono nell’energia solare come a Pesaro.
Tuttavia la mappa green si estende a macchia di leopardo lungo l’intero Stivale: Lucca detiene il record di aree pedonali, Reggio Emilia è la città più bike friendly e Padova si fa apprezzare per il numero di pannelli solari installati su edifici pubblici.
Uno sguardo d’insieme alle prestazioni ambientali delle città italiane evidenzia come le tradizionali antinomie nord vs sud e grossi vs piccoli centri non siano sempre valide. In effetti nelle prime venti posizioni della classifica figurano sia grandi centri urbani come Bologna, sia capoluoghi del sud come Cosenza, sia città dal PIL ridotto come Oristano. Segno che le amministrazioni comunali che pianificano le trasformazioni possono raggiungere l’eccellenza in uno o più ambiti.
Spinte green per le città relegate a fondo classifica
Si prenda il caso di Catania, città che si trova in coda alla graduatoria generale e a svariate classifiche parziali, ma che ha promosso a partire dal 2017 il progetto del trasporto alternativo per gli studenti iscritti all’Università di Catania. Grazie a questa iniziativa, che è stata insignita del prestigioso premio Best Practise per la mobilità sostenibile, è raddoppiata la percentuale degli studenti che usano il trasporto pubblico.
Ad ogni modo è Bologna la prima città metropolitana che ha adottato un piano della mobilità responsabile che riduca di un quinto i flussi di traffico entro il 2030 e aumenti del 20% i passeggeri del trasporto comunale. Non è un caso che il settore della mobilità sia la componente ambientale che pesa di più sulla classifica stilata da Legambiente e che occupi un posto di rilevo tra i 10 target dell’Agenda 2030 ONU per lo sviluppo sostenibile.
Per diventare più green, le città italiane dovranno allora fornire l’accesso a sistemi di trasporto che siano convenienti per la stragrande maggioranza della popolazione. Ma per dare a tutti la possibilità di usufruire di questi servizi, ivi comprese le persone con ridotte capacità motorie, si dovrà migliorare la sicurezza stradale e ampliare i mezzi di trasporto pubblico. Nella stessa direzione va l’estensione delle isole pedonali e degli itinerari ciclabili.
La crescita delle aree destinate alla pedonalità e alla mobilità attiva dev’essere una priorità dei grandi centri urbani e in questo senso si sono mosse bene città come Palermo, Lucca e Firenze. Valga per tutti l’esempio del parking interscambio di Villa Costanza a Firenze, grazie al quale è stato possibile ridurre la pressione del traffico urbano e intensificare l’uso dei mezzi di trasporto urbano.
In fondo alla classifica si trovano grossi centri che, se vogliono imprimere un’accelerazione green, devono risolvere emergenze e criticità che vanno dai rifiuti (Napoli e Palermo) allo smog (Roma e Torino), dalla dipersione della rete idrica (triste il primato di Bari) fino al problema legato alla raccolta dfferenziata che vede Palermo, Crotone e l’onnipresente Catania stazionare nelle ultime posizioni.
Valutazione dei trend in vista delle scadenze 2030
Confrontando i dati raccolti dai 26 report di Ecosistema Urbano e le relative classifiche, è possibile valutare i trend che offrono i 104 capoluoghi italiani.
Nell’ultimo decennio è scesa la curva delle polveri sottili, anche se la discesa è stata meno decisa negli ultimi quattro anni. Netto è stato invece il miglioramento della raccolta differenziata, come anche il progresso della raccolta domiciliare in quasi la metà delle città. Peccato però che sia tornata a salire la curva della produzione di rifiuti urbani, con picchi registrati nel 2019 a Piacenza, Bari e Venezia.
Il trend degli ultimi anni offre un’indicazione di massima sulla possibilità di rispettare le scadenze stabilite dall’Agenda 2030 dell’ONU. Per esempio servirebbero quasi 20 anni per centrare l’obiettivo della raccolta differenziata e 30 anni per ridurre lo spreco idrico e raggiungere la media europea in fatto di parco auto, mentre è già stato mancato l’obiettivo di dimezzare il numero di incidenti stradali nel decennio 2010-2020.
Per apprezzabili che siano gli sforzi di tante amministrazioni comunali, ciò che serve per rendere ancora più green il tessuto urbano è evidentemente un’agenda nazionale che guidi le singole realtà, impedendo che le risorse disponibili vadano disperse.
Oltre a chiudere il ciclo dei rifiuti e ridurre lo smog, una città che voglia essere il più possibile sostenibile deve affrontare le annose problematiche legate alle periferie e all’inclusione sociale.
Fonte delle informazioni: https://chetariffa.it/